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Storie di quartiere
Ciao Danilo,
Poiché vivo a Bruxelles, arrivo spesso un po’ tardi nel seguire le novità, ma nel frattempo ho letto il tuo “Codice Bologna” e volevo dirti che condivido pienamente le tue conclusioni sulla necessità che i bolognesi reimpostino il loro rapporto con la città. Mi sono anche molto identificato con la chiusa “Un giorno tornerò a vivere nel mio quartiere” e il disegno che ti ritrae abbracciato alle Due Torri.
Avendo vissuto in Via Mengoli fino ai miei 9-10 anni (per poi trasferirmi in Via Indipendenza, che neanche a me è mai piaciuta), penso che da cinni siamo andati entrambi alle Don Bosco, sia all’asilo che alle elementari. Parlando di gradi di separazione, mi ricordo male oppure io da cinno mi sono azzuffato con un Danilo di un’altra classe?
Ghest Buk
Questo è il GHEST BUK de IL CODICE BOLOGNA.
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Francesca Mazzucato – BOOKS AND OTHER SORROWS
Il Codice Bologna è il nuovo libro di Danilo “Maso” Masotti, indimenticato autore di “Umarells” (Pendragon,2007) e creatore di alcuni blog di culto.
E’, come lo chiama Enrico Brizzi nella prefazione “quel che si dice un agitatore” e anche un ” felsinologo di rango”. E’ tante cose. Difficile definire Masotti, perché non resta fermo dove vorresti bollarlo, ingabbiarlo con targhette o post it. E’ sempre un po’ più avanti, oppure obliquo, di lato, a testa in giù, o chissà. Anche il suo punto di vista sulle cose non è mai quello che ti aspetteresti. Io l’ho definito, in un’occasione, un “sociologo delle mutazioni”, e mai come in questo libro, quella definizione può forse, lontanamente, avvicinarsi: di Bologna riesce a raccontare com’era, com’è stata tanto a lungo, com’è ora ( quanto ci piace e quanto non ci piace) e come sta cambiando. Lo fa con una grazia che percorre ogni pagina. Per questo “Il Codice Bologna” è una guida e molto di più.
Un omaggio alla città, una fotografia ora nostalgica, ora disincantata, ora acutissima, ora personale, ora pirotecnica, di cosa significa Bologna. Cosa significa viverci, sceglierla, rimpiangerla, odiarla, sfuggirla, rincorrerla, chi sono i bolognesi nel 2009, chi erano i bolognesi che tutti noi ricordiamo ( esilaranti i ritratti di alcune figure che come tutti conosco, la vecchina con i fiori, Liroi, L’umarein con il megafono) e come sono le tipologie dei cittadini. Come si possono sommariamente catalogare alcuni tipi di bolognesi particolarmente rappresentativi. Ho scoperto ad esempio, leggendo, che mio padre, corrisponde alla perfezione al ritratto del “gerontozanaro”( però di sinistra) e alcuni amici di mia madre sono “gerontozanari”identici a quelli che racconta Maso e che illustra splendidamente Mauro Daviddi.
E c’è altro, è un libro ricco, sembra uno slideshow che propone istantanee perfettamente messe a fuoco. Ci sono i fuorisede, gli aristofric, i lavoratori precari ( quelli che fanno cose, vedono gente, si danno da fare, hanno sempre fra le mani la grande occasione e molto, molto spesso la perdono), ci sono i bottegai ( pag 88, capitolo strepitoso nella sua leggerezza e delicata ironia), quasi tutti. Lo aspettavo, sapevo che l’uscita era imminente. Poteva deludere, rispetto a Umarells, ma non è successo, anzi.
E’ un libro molto bello, che mi ha fatto ridere e a volte commuovere. Che mi ha fatto sentire vicina a molte cose ( i modi di dire, il classico “dammi il tiro” che nessuno da fuori capisce, “altro” quando non si vuole comperare più niente, frase sibillina che pare un gergo oscuro e carbonaro a chi penserebbe di dire parole più sintatticamente adeguate, come “basta così, grazie”), un libro che mi ha fatto ricordare il passato -io e Maso siamo quasi coetanei- e scorrere il presente mostrandomelo diverso e prismatico. Non è solo una simpatica lettura estiva, da regalare a bolognesi e no, da portare a far vedere agli amici della compagnia per leggerne pagine ad alta voce.
Maso sa fare una cosa che moltissimi non sanno più fare. Sa guardare nelle intersezioni, nei punti che per tanti sono invisibili, negli angoli, nei crocevia, agli svincoli, nelle sagre, nei bar, in tutti quei luoghi neutri, o bislacchi dove pochi fissano lo sguardo. Dove pochi si soffermano per più di un secondo. Lui lo fa, “guarda” sul serio e coglie le mutazioni di una città che sta evolvendosi, stratificandosi, mutando il volto. Ce la descrive, ci accenna possibili scenari e ci suggerisce come fare ad affrontarli con cosapevolezza, con rispetto, con divertimento e magari con curiosità non giudicante, che non guasta. Questo rende Il Codice Bologna, così come Umarells, un libro destinato a restare, ad essere, presumo, aggiornato nel corso del tempo ( c’è una maggiore concentrazione sulle figure maschili che su quelle femminili, ma è un peccato veniale), un libro destinato ad acompagnare chi lo legge e che vive o semplicemente ama Bologna in questo periodo di transizione . Ne abbiamo bisogno, serve il pensiero lucido del “sociologo -agitatore” Masotti. Serve chi utilizza gli stereotipi, li manipola, li plasma, li ribalta e ne mostra le incongruenze sotto forma narrativa, passando dal minimo al grande, dal grande al particolare. Riportando antichi sapori di un tempo che possiamo rimpiangere ma non esiste e parole d’ordine vecchissime e ancora in uso che ci fanno sentire parte di questa strana fratellanza che sa far nascere Masotti, attorno al suo lavoro creativo.
Il Codice si legge in due ore e poi si rilegge quasi subito. Non so perché ma si fa, davvero. Non lasciatevelo sfuggire.
Copiato e incollato da: http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2009/08/08/il-codice-bologna/