ARCHEOLOGIA
MARAGLIA
Il vostro secondo Gandusio-Pilastro-Barca-ViaTorino.In
quanto disciplina storica scientifica la Maragliologia, o Archeologia
Maraglia, si trova attualmente in una condizione e di privilegio
e di svantaggio. Di privilegio poiché può fare affidamento su di
un gran numero di fonti epigrafiche, fotografiche e soprattutto
oneodottiche, e di svantaggio poiché, a causa della sua giovanissima
età, le fonti non sono ancora state radunate in corpus razionali
che rendono agevole la comprensione dell'interessantissima facies
culturale dei maragli.
Non mancano pregevoli tentativi di catalogazione e commento che,
sostanzialmente, si riferiscono agli interessanti lavori sulla tradizione
orale maraglia ad opera del D'Agata, dello Spirogi per ciò che concerne
le interazioni tra maragli e forme della socialità, l'inimmortale
opera del Branchi sulle popolazioni maraglie della cultura del Gandusio
e gli approfonditi studi dello Steno. Innanzitutto urge una definizione
scientifica di Maraglio che ne sintetizzi le peculiarità principali
anche se, fin da ora, va detto che tale definizione dovrà venire
messa in discussione dai, mi auguro copiosi futuri, ritrovamenti
e che in ogni caso non dovrà essere interpretata in senso restrittivo.
D'altronde come si può ridurre il divenire umano ad una semplice
definizione? Premesso ciò, definiamo la cultura maraglia: Essa è
una manifestazione culturale sorta e decaduta tra la fine degli
anni '70 e l'inizio degli anni '90 del ventesimo secolo d.C. ad
opera di popolazioni Italico meridionali fusesi alla facies Bolognese
indigeno-stanziale.
Essa è caratterizzata dalla forte coesione di gruppo basata generalmente
sul reciproco aiuto e legata da vincoli tribali che si esplicano
nella difesa del quartiere, della via d'origine e nell'ostentazione
del potere personale del gruppo nei confronti degli indigeni bolognesi
e delle aggregazioni urbane di medesima cultura. L'esempio proposto
dal Branchi che vuole stabilire un parallelismo tra Poleis Greche
e divisioni territoriali maraglie (Pilastro, Gandusio, Via Torino
etc...) è certo stimolante e rende bene l'idea della dimensione
militare-territoriale della cultura maraglia ma è, a mio avviso,
fuorviante giacché i maragli, non sono mossi dalle dinamiche che
muovono i grandi organismi cittadini quali il lucro e la presenza
di leggi scritte, bensì, sono animati da ideologie più avvicinabili
alle popolazioni Germaniche che gettarono scompiglio nell'impero
Romano.
A prova di ciò, stanno la modalità d'elezione di un capo basato
più sul carisma che non sul diritto o sulla capacità economica,
la sostanziale assenza di ceti sociali all'interno della comunità,
l'importanza della dimostrazione di forza nei confronti degli indigeni
civilizzati, la pratica della razzia ai danni di negozi, paghette
di bambini e motorini, volta però non a creare accumulo economico
e quindi un surplus riutilizzabile, in favore della comunità, bensì
soltanto intesa al soddisfacimento momentaneo e soprattutto (e ciò
è la peculiarità dei maragli) come affermazione di potenza. Benché
esistano parecchie differenze tra le varie tribù maraglie, nondimeno
tutte siano mosse dalle stesse dinamiche interne che, apparentemente
le farebbero risultare come enclave impermeabili all'interno della
più generale società bolognese definita post-Zangheriana, a sorpresa,
le commistioni tra le due facies sono evidenti e parallele tanto
che il maraglio si trova, economicamente ad aderire alla società
indigena come prestatore di manodopera (anche se ciò non è un fenomeno
generalizzato) ed ideologicamente a contrapporvisi privilegiando
i vincoli tribali di quartiere rispetto alle regole indigene le
quali, estendendosi il gruppo non a decine di persone ma a decine
di migliaia d'individui, tende alla specializzazione sociale (carabiniere,
operaio, okkupante, impiegato) ed all'annientamento dei valori tribali
non più attuabili in contesti così complessi e, soprattutto, così
soggiogati alla meccanica produttiva.
Le commistioni costruttive tra maraglio e società Post-Zangheriana
non si limitano solo alla produzione economica, ma giungono anche
alla condivisione di valori estetico culturali comuni quali musica,
abbigliamento e frequentazione sociale (anche se in ciò i maragli
tendono ad una distinzione rispetto alle popolazioni indigene) mutando
modelli comminentemente condivisi (dischi di Vasco Rossi, cinture
del charro ad esempio) in componenti peculiari della loro cultura.
In altre parole tali gruppi tribali rielaborano determinati modelli
(ingegnere di matrice estetica) facendoli propri. Così i maragli
si trovano ad ascoltare Vasco Rossi e Bob Marley non tanto per questioni
musicali, bensì per la carica ribelle e sovversiva del primo e per
l'uso di droghe leggere del secondo interpretando quest'ultima come
mezzo di contrapposizione culturale nei confronti della società
anni '80 che, vittima del diffondersi dell'epidemia della droga,
vedeva in tutte le forme di essa il nemico e, come tale, i maragli
lo accoglievano con impreviste ripercussioni che saranno una delle
concause della sparizione della loro facies. Legato alla musica
è anche il vestiario che risultava una sorta di mediazione tra la
"sfattezza" rossiana marleyana o fricchettona in genere
e la costosa inappuntabilità paninara dominante negli anni '80 del
ventesimo secolo con alcune differenze peculiari. Il maraglio, proprio
per la sua scarsità di mezzi economici derivatagli dalla sua estrazione
tribale ricorre, generalmente ai cosiddetti capi di vestiario "taroccati",
cioè recanti firme famose ma poco costosi poiché di fattura non
ufficiale.. Nell'abbronzarsi (lusso tipico dei giovani paninari
post-Zangheriani) ricorre alla crema abbronzante e non alle costose
lampade, e negli accessori cerca di conciliare l'impatto economico
estetico (le già citate "grandi firme") alla valenza militare
che lo caratterizza. Così abbiamo il proliferare di acquisti presso
i maragli dei Camperos e dei Vaccheros, i tipici stivali di dura
punta quadrata che conferivano un tono di potenza a chi li indossava
(efficacissimi in ambito di battaglia campale) e del cinturone del
Charro dalla larga ed ovale fibbia metallica, che costituiva una
delle principali arme di offesa dei maragli verso la seconda metà
degli anni '80, poi sostituita dal ben più efficace cinturone con
le borchie sporgenti, preso in prestito dalla popolazione metallara.
Come si noterà, l'argomento è vasto e qui si è cercato solo di darne
un quadro generale introduttivo, nei prossimi numeri vedremo di
approfondire la storia e le divisioni territoriali delle tribù maraglie
con particolare attenzione alle culture Pilastrine e Gandusine.
Fino allora vi porgo i miei più cordiali ringraziamenti per l'attenta
e, spero, interessata lettura, ed ovviamente BARKA SUKA.
Alessandro
Cavazza
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